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Ambiguità e frammentarietà della disciplina condominiale in tema di animali

La vicenda riguarda il caso di una donna condannata a ridurre il numero di animali presenti nel proprio appartamento.
Esiste un numero prestabilito di animali che si possono tenere in un’abitazione condominiale?
Primariamente bisogna fare riferimento alla legge 220/2012 del codice civile secondo cui «le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali da compagnia».
Detto che l’autonomia privata dei singoli soggetti può comunque aggirare questo principio sancito dall’art. 16 della suddetta legge, potendo il locatario inserire una clausola di divieto alla detenzione di animali da compagnia dal proprio appartamento, il diritto di tenere un animale nel proprio condominio non può ovviamente dirsi illimitato:

  1. l’animale non può essere lasciato libero nelle parti comuni del condominio, emanare cattivi odori o emettere in continuazione rumori molesti. In sostanza basta munirsi di guinzaglio e sacchetti per aggirare il problema, nonché armarsi di pazienza nel caso di abbaio reiterato; il reato ex art. 659 c.p. di “disturbo del riposo delle persone” è una extrema ratio che si configura solo laddove i rumori abbiano l’attitudine a propagarsi e a costituire disturbo per una potenziale pluralità di persone;
  2. gli accordi condominiali possono limitare l’accesso degli animali in zone comuni ben definite, purché ciò non violi, di fatto, il diritto sancito dalla legge. Una delle questione più spinose riguarda la possibilità di cani in ascensore, nulla dicendo l’articolo 17 del dpr. 162/99 che vieta «l’uso dell’ascensore ai minori di 12 anni non accompagnati», nulla disponendo sugli animali e lasciando la disciplina alle frequenti oscillazioni della giurisprudenza di specie;
  3. il regolamento condominiale può limitare il diritto a detenere animali in casa per ragioni igienico-sanitarie, limitando il numero di animali che possono avere accesso a ogni abitazione.

Questo punto in realtà è controverso, non esiste una vera e propria disposizione legislativa che stabilisce il numero di animali detenibili in appartamento; in materia viene preso come punto di riferimento una deliberazione del 2017 del comune di Gaeta la quale ha abrogato il divieto di fissare un numero massimo di animali in appartamento fissando tre consequenziali punti cardine:

  1. ciascun animale domestico deve godere di uno spazio minimo pari a otto metri quadrati;
  2. si prescrive il numero massimo di cinque animali detenibili;
  3. sono fatte salve eventuali riduzioni di detto numero, degli Enti preposti alla tutela delle condizioni igienico-sanitarie e di benessere delle persone.

Alla luce di tutto ciò la signora del caso di specie è ricorsa al TAR della Lombardia per rovesciare il giudizio che la vedeva soccombente, richiamando non solo la violazione della Dichiarazione Universale dei diritti degli Animali Unesco 1978 ma evidenziando anche come la detenzione di 23 furetti non crei pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana; a suo avviso inoltre la limitazione quantitativa derivante dalla delibera del comune di Gaeta riguarda la detenzione di cani e gatti e non dei furetti.
Non dello stesso avviso il TAR Lombardia che statuisce in 10 il numero massimo di animali detenibili dalla signora nel proprio appartamento; a suo avviso la limitazione quantitativa sollevata dalla signora è riferita a cani e gatti solo in via esemplificativa essendo i più diffusi animali da affezione, basti pensare che sui 60,5 milioni di animali domestici attualmente presenti in Italia più della metà sono cani.
Vero che un furetto è grande poco più di 40 cm e non arreca grande disturbo, dormendo quasi 18 ore al giorno, ma 23 animali in un singolo appartamento sembrano davvero sfidare il buon senso umano. E animale.

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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