Sentenze

Commiss. Trib. Reg. Piemonte Torino Sez. XXXVI, Sent., 13-05-2015, n. 524

Note di variazione dell’IVA – art. 26 dpr 633/1972

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI TORINO

TRENTISEISIMA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

NOCE SABRINA – Presidente

RINALDI ETTORE – Relatore

MAINIERO GIOVANNI – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 822/14 depositato il 29/05/2014

– avverso la sentenza n. 146/2/13 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di TORINO

proposto dall’ufficio: AG.ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI TORINO

controparti:

I. S.P.A. VIA T. 288 FRAZ S. B. 10015 I. T. difeso da: AVV. E. G. V.LE MAZZINI N. 11 00100 ROMA RM difeso da: DR.A. L. V.LE MAZZINI N. 11 00100 ROMA RM

Atti impugnati:

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRES-ALTRO 2008

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRAP 2008

Svolgimento

Per l’anno di imposta 2008 l’Agenzia delle Entrate a seguito di una verifica terminata con p.v.c. notificato il 7.6.2011 contestavano alla s.p.a. I., esercente attività di “produzione e commercializzazione di manufatti metallici e l’esecuzione di lavorazioni meccaniche per conto di terzi, con particolare riferimento alla meccanica di precisione” in particolare gabbiette fermatappi per bottiglie di vino, champagne, prosecco, birre, sidro e altre bevande, 1) indeducibilità di costi di pubblicità per violazione principio di competenza; 2) indeducibilità di altri costi correnti (spese di rappresentanza); 3) maggior valore delle rimanenze finali; 4) minor valore dei beni rivalutati con conseguenti ammortamenti indeducibili di macchine operatici automatiche oggetto di triplice rivalutazione senza rispettare i limite economico del valore dei beni. Veniva notificato il 19.92012 avviso di accertamento accertando maggiore IRES per Euro 298.891; maggiore IRAP per Euro 74.768,00; irrogando sanzioni per Euro 374.691,00. Veniva interposto ricorso dalla società eccependo la infondatezza dei rilievi 1) e 2) ed eccependo il difetto di motivazione dei rilievi 3) e 4), la violazione dei criteri di valutazione del costo dei beni e prodotti acquistati (rilievo 3) e la ammissibilità della rivalutazione compiuta (rilievo 4) e in subordine la disapplicazione delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza sulla applicazione delle norme tributarie.

La Commissione Tributaria provinciale di Trino, con sentenza 146/2/2013, depositata il 10.12.2013 in parziale accoglimento del ricorso annullava i rilievi 2), 3) e 4) confermando il rilievo 1).

Propone appello l’ufficio con atto notificato a mezzo posta, spedizione del 23.5.2014, chiedendo la riforma della sentenza appellata e deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione degli artt. 113,116,109 TUIR (rilievo 2) sull’erroneo presupposto che la società ricorrente non potesse esercitare il diritto di detrazione IVA in caso di beni ceduti in omaggio. La ripresa operata dall’Ufficio non ha riguardato le annotazioni di IVA a credito e debito operate dalla società, nel caso di cessioni gratuita per omaggi il contribuente non sopporta il peso economico dell’IVA, che rimane neutra e quindi non può essere qualificata indetraibile essendo già stata annotata quale IVA a credito e non può pertanto essere costo indeducibile.

2) Violazione e falsa applicazione artt. 113 e 116 in relazione artt. 92 e 110 TUIR e dell’art. 2426 cod. civ. (rilievo 3) decidendo, relativamente al maggior valore attribuito alle rimanenze finali di esercizio, sull’erroneo presupposto per cui i costi indiretti di produzione non concorrono nella valutazione delle rimanenze di esercizio, ma concorrono in bilancio nei costi generali. L’art. 110, comma 1, lett. B) TUIR rubricato norme generali sulle valutazioni, prescrive che si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto. Concetto ribadito dall’art. 2426 cod. civ. e dal principio contabile n. 13 al punto D.III.c) che definisce il costo di fabbricazione. E’ fuor di dubbio che la determinazione del costo unitario dei beni costituenti il magazzino avrebbe dovuto ricomprendere anche una quota dei costi indiretti di produzione, quota che la società ha omesso di prendere inconsiderazione. Nel caso dell’attività svolta non si può sostenere che non vi siano costi indiretti, non trattandosi di rivendita pura senza utilizzo di magazzini o stoccaggio delle merci, neppure è sostenibile che tali costi indiretti non siano individuabili. La stessa società nella perizia prodotta afferma che trattandosi di macchinari realizzati direttamente dall’azienda il valore di mercato si riconduce al valore interno del bene basato sulla capacità produttiva e sulla possibile utilizzazione economica nell’azienda. Il valore è determinato analizzando i costi necessari per la costruzione del bene medesimo. I costi dei particolari meccanici il costo commerciale dei componenti, il costo per il montaggio sono gli stessi costi indiretti individuati dall’Ufficio con il p.v.c. (cfr. tabella pag. 7). E’ quindi errato e contraddittorio il comportamento della società che a seconda se si tratta di rivalutazione dei beni considera tali costi e quando si tratta di beni in magazzino li considera spese generali e amministrative. Pur trattandosi di costi non direttamente imputabili non vi è ragione dal punto di vista fiscale non considerare una quota ragionevolmente imputabile ad altri costi indiretti, non essendo sufficiente che tali costi risultino in bilancio nei costi generali come ritenuto dalla CTP.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt.113,116 in relazione agli artt. 10,11 L. n. 342 del 2000, della L. n. 350 del 2003, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, comma 476 e regolamenti richiamati D.M. 13 aprile 2001, n. 162 Min. Finanze, D.M. 19 aprile 2002, n. 86 Min. Finanze, per avere i giudici di primo grado annullato il rilievo 4) dell’avviso di accertamento relativamente al minor valore attribuito ai beni rivalutati e conseguenti ammortamenti non deducibili, considerato che: I) la rivalutazione dei beni di impresa è ammissibile sino alla concorrenza del valore economico dei beni, determinato alla data di ciascuna operazione di rivalutazione, senza tener conto delle precedenti rivalutazioni, considerato che nessuna delle leggi citate ha previsto tale preclusione; II) per aver ritenuto idoneo il valore economico attribuito ai cespiti dalla perizia dell’ing. M.P. del 20.3.2006, la quale non ha rivalutato i beni di impresa, ma ha semplicemente rinviato alle precedenti procedure di rivalutazione e comunque ha utilizzato nel procedimento estimativo i medesimi identici costi per tutte e tre le procedure di rivalutazione; III) per aver ritenuto che le L. n. 350 del 2003 e L. n. 266 del 2005 hanno introdotto una nuova e autonoma procedura di rivalutazione dei beni di impresa quando invece tali leggi hanno unicamente riaperto i termini per la rivalutazione dei beni di impresa.

4) Condanna alle spese nonostante il parziale accoglimento del ricorso.

Con memoria di costituzione in giudizio e appello incidentale la società chiede respingersi l’appello

Con riferimento al rilievo 2) costi indeducibili IVA di beni ceduti gratuitamente – osserva che l’indeducibilità dell’IVA per le spese di rappresentanza è fissata dall’art. 19 bis, comma 1, lett. H) D.P.R. n. 633 del 1972 e pertanto correttamente la società ha portato a conto economico tale costo pienamente deducibile e inerente l’attività. La società emettendo auto – fatture per l’invio degli omaggi ha registrato tali autofatture nel registro delle vendite e ha rinunciato alla rivalsa IVA esposta ancorché registrate nel registro acquisti e comunque non deducibile.

In ordine al rilievo 3) ritiene che le spese generali non possono essere computate nel costo unitario delle rimanenze. Il valore delle rimanenze è stato determinato escludendo le spese generali e amministrative, i costi di distribuzione e le spese di ricerca, come espressamente prevede il Principio contabile n. 13 citato solo parzialmente dall’Ufficio. Le spese generali non costituiscono oneri sostenuti per le rimanenze, ma si riferiscono a funzioni comuni dell’impresa nella sua interezza e quindi sono componenti negativi del reddito dell’esercizio in cui sono rilevate, sono spese che l’impresa deve comunque sostenere e non sono quindi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze. L’art. 2426, comma 1, n. 1 cod. civ. prevede solo la facoltà e non l’obbligo di comprendere nel costo di fabbricazione i costi acccessori.

In ordine al rilievo 4) la società premette che la I.  società leader mondiale nella produzione delle gabbiette fermatappi, ha conseguito tali importanti risultati in quanto impiega macchinari da essa stessa costruiti che sono unici per le loro caratteristiche tecniche e non sono disponibili sul mercato. La società nel corso degli anni ha provveduto costantemente alla manutenzione ordinaria e straordinaria aggiornandoli e sviluppandoli in funzione dell’evoluzione tecnologica migliorandone in tal modo l’efficienza, la capacità produttiva e la redditività. Per tali ragioni i macchinari di proprietà I. non solo mantengono inalterata la loro possibilità di utilizzazione economica, ma non sono soggetti a deprezzamento economico per il decorso del tempo e il loro impiego per la produzione di gabbiette.

Nei periodi di imposta 2000, 2003 e 2005 è stata operata la rivalutazione dei macchinari, dapprima con rivalutazione fissata dall’art. 11 L. n. 342 del 2000 non superiore al valore effettivo, negli anni successivi il legislatore ha riproposto la disciplina di cui alla L. n. 342 del 2000, con l’art. 2, L. 24 dicembre 2003, n. 350 e poi ancora con l’art. 1, comma 470, L. n. 266 del 2005. Rivalutazioni effettuate sulla scorta di perizie tecniche che hanno sempre dato atto che il valore ammortizzabile dei macchinari era divenuto nuovamente inferiore al loro valore economico e le rivalutazioni via via operate hanno sempre tenuto conto del reale valore economico.

Eccepisce la inammissibilità del motivo di appello dell’ufficio in quanto con esso viene proposta una eccezione nuova mai sollevata in primo grado e basata su fatti costitutivi della pretesa tributaria del tutto nuovi rispetto a quelli allegati in primo grado, in particolare viene eccepito “che il perito avrebbe valorizzato per ben tre volte gli stessi identici costi con palesi effetti distorsivi in ordine al valore determinato che non è rappresentativo della realtà e supera certamente il valore economico del bene e che pertanto sarebbero inefficaci la seconda e terza perizia”.

Appello incidentale

In ordine al rilievo 1) costi non di competenza – si tratta di fattura per Euro 1.767 per pubblicità Seat sulle pagine gialle dell’elenco telefonico 2009 della provincia di Torino, di fattura di Euro 5.000, riconosciuta per sole Euro 2.500 di competenza per il 2008 emessa da società teatrale locale per pubblicità per la stagione teatrale 2008/2009., le prestazioni sono state eseguite nel 2008 e così le fatture e i pagamenti.

Alla pubblica udienza le parti hanno confermato le rispettive conclusioni.

Motivi della decisione

Motivo di appello 1) rilievo 2- Non vengono contestate le annotazioni IVA effettuate dalla società e risulta emessa una autofatturazione con IVA non detraibile ex art. 19 bis, comma 1. Lett, h) D.P.R. n. 633 del 1972; risulta quindi un costo nel conto economico che è sicuramente inerente e come tale interamente deducibile, non è dato comprendere come tale operazione non sarebbe possibile per una “neutralità” dell’IVA come asserito dall’Ufficio, l’operazione è stata registrata sia nel registro acquisti che vendite e quindi l’IVA contabilmente risulta.

Motivo di appello 2) rilievo 3)

La integrale formulazione del principio contabile n. 13 comprende oltre al punto D.III.c) riportato dall’Ufficio una espressa regolamentazione delle spese generali indicate nel successivo punto D.III.h) Oltre alle spese di produzione anomale, anche le spese generali ed amministrative, i costi di distribuzione (o spese di vendita) e le spese di ricerca vanno esclusi dalla valutazione delle rimanenze mentre gli oneri finanziari possono essere inclusi, esclusivamente nei casi previsti dal paragrafo D.III.m). nonché nel punto D.III.i) I motivi per l’esclusione delle spese generali e amministrative e di vendita dalla valutazione dei semilavorati, prodotti in corso di lavorazione e dei prodotti finiti possono così riassumersi:- le spese generali ed amministrative non costituiscono oneri specificatamente sostenuti per portare le rimanenze al loro attuale sito e condizione ma si riferiscono a funzioni comuni dell’impresa nella sua interezza e come tali esse rappresentano componenti negativi del reddito dell’esercizio in cui si sono rilevate. Trattasi di spese di gestione di preminente natura ricorrente, che l’impresa deve comunque sostenere, cioè di spese di periodo; le spese di vendita di riferiscono all’attività distributiva dell’impresa e pertanto per definizione non sono costi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze. Le altre norme citate dall’Ufficio, art. 110, comma 1, lett. b) TUIR e l’art. 2426 cod. civ. che indicano norme e criteri in materia di valutazione prevedono solo come possibilità e non come obbligo l’imputazione di costi diversi da quelli accessori di diretta imputazione. La sentenza di primo grado su tale punto merita quindi conferma.

Motivo di appello 3) rilievo 4

L’Ufficio ritiene inefficaci ai fini della rivalutazione le perizie successive alla prima, tale punto del motivo di appello viene contestato in quanto fatto nuovo non emergente dal giudizio di primo grado, in effetti l’eccezione è nuova, nell’avviso di accertamento e nella costituzione in giudizio di primo grado non viene invocata la inidoneità delle perizie di rivalutazione a costituire fondamento della rivalutazione degli ammortamenti. Rimane pertanto da verificare la parte di motivo di appello che concerne la possibilità o meno della società di rivalutare i propri beni nel 2003 e nel 2005, in quanto le successive norme L. n. 350 del 2003 e L. n. 266 del 2005 avrebbero unicamente riaperto i termini per la rivalutazione e non introdotto nuove e interdipendenti procedure di rivalutazione dei beni di impresa. La ratio delle norme di rivalutazione è che la rivalutazione dei beni deve ritenersi consentita fino a concorrenza del loro valore economico corrente alla data in cui la rivalutazione viene eseguita.

Ciò che rileva è la rappresentazione veritiera e corretta e quindi si ammette la possibilità che il valore del bene precedentemente rivalutato possa risultare nuovamente inferiore all’effettivo valore economico. Il valore economico attribuibile in base alla loro capacità produttiva e all’effettiva possibilità di utilizzazione economica nell’impresa può risultare superiore al dato contabile/fiscale ed essere oggetto di una nuova rivalutazione. Dal tenore dell’art.11, comma 2, L. n. 342 del 2000 non si evince alcuna preclusione o limite massimo della rivalutazione, come anche per la L. n. 350 del 2003 o L. n. 366 del 2005, come correttamente rilevato dai giudici di primo grado. Le perizie di rivalutazione redatte danno atto di una permanente capacità produttiva e che il grado di vetuste è ridotto ai minimi termini in quanto l’azienda opera una costante manutenzione programmata. Il comportamento tenuto dalla società appare quindi immune da censure nella rivalutazione dei beni fino al valore economico degli stessi non tralasciando che i macchinari sono di auto-produzione e auto-progettazione e non reperibili sul mercato industriale. Il motivo di appello proposto dall’Ufficio è pertanto da respingere.

Appello incidentale – rilievo 1)

Il rilievo era motivato per mancanza di certezza del costo. La CTP afferma che vi sarebbe un costo nella contabilità parzialmente di competenza dell’anno successivo. Nell’anno 2008 il costo in questione era certo sia nell’an che nel quantum come risulta dagli accordi, dalle relative fatture e dai pagamenti tutti intervenuti nel 2008. L’art. 109, comma 1, lett. B) stabilisce che i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti alla data in cui le prestazioni sono ultimate. Come risulta dalle fatture emesse nel 2008, quindi a prestazione eseguita, si tratta di pubblicità che indubbiamente per sua natura pur riferendosi in un caso a elenchi telefonici del 2009 e nell’altro a stagione teatrale 2008/2009, è stata predisposta e stampata nel 2008, come notorio gli elenchi telefonici vengono aggiornati anno per anno e non viene motivato che la distribuzione sia intervenuta nel 2009. In ogni caso la prestazione dell’operatore pubblicitario quand’anche si debba ritenere ultimata solo con detta distribuzione, assume prevalenza la emissione della fattura che attesta inequivocabilmente come la prestazione sia stata eseguita nel 2008. Identico discorso vale per la campagna teatrale che notoriamente è programmata a cavallo di due anni, le operazioni pubblicitarie non è affatto detto che si siano necessariamente svolte in toto o in parte nel 2009, dalla causale della fattura emerge che si tratta di pubblicità concomitante con la promozione degli abbonamenti teatrali che quindi è intervenuta necessariamente nel 2008.

Il motivo di appello incidentale concernente le sanzioni non necessita di trattazione essendo le medesime caducate.

Il motivo di appello principale sulla condanna alle spese di primo grado motivato dal parziale accoglimento del ricorso stante l’accoglimento integrale in questa fase e comunque riguardando una questione minima rispetto alle altre oggetto di giudizio non può trovare accoglimento.

Stante la novità delle questioni trattate e l’assenza di espliciti provvedimenti di prassi o di decisioni giurisprudenziali si dichiarano compensate le spese del presente grado.

P.Q.M.

Accoglie l’appello incidentale del contribuente, respinge l’appello principale dell’Ufficio e annulla il rilievo n. 1 dell’avviso di accertamento. Compensa le spese.

Torino, il 14 aprile 2015.

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