Sentenze

Tribunale di Parma, Sez. Lavoro – Sentenza n. 291/2016 del 01.09.2016 (Dott. G. Coscioni)

oggetto: infortunio sul lavoro

VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. /2014 tra
A. K.
RICORRENTE
e
STUDIO D. SRL J. X.
I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO
RESISTENTE
Oggi 1 settembre 2016 ad ore 09.30 innanzi al dott. Giuseppe Coscioni, sono comparsi:
Per A. K. l’avv. S. M., nonché il ricorrente personalmente
Per STUDIO D. SRL l’ avv. G. C.,
Per J. X. l’avv. G. C. , nonché il resistente personalmente,
Per I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO l’avv. C. S.,
I Procuratori delle parti si riportano ai rispettivi scritti difensivi.
Dopo breve discussione orale, il Giudice pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. dandone lettura al termine della Camera di Consiglio.
Il Giudice
dott. Giuseppe Coscioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di PARMA
SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giuseppe Coscioni ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2014 promossa da:A. K. , con il patrocinio dell’avv. S. M., elettivamente domiciliato in PARMA presso il difensore avv. S. M.,

RICORRENTE

contro

STUDIO D. SRL , con il patrocinio dell’avv. G. C., elettivamente domiciliato in PARMA presso il difensore avv. G. C.
J. X. , con il patrocinio dell’avv. G. C., elettivamente domiciliato in PARMA presso il difensore avv. G. C.
I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO , con il patrocinio dell’avv. C. S., elettivamente domiciliato in PARMA presso il difensore avv. C. S.

RESISTENTE

FATTO E DIRITTO
Con ricorso, depositato in data 19.11.2014, il sig. K. A. ha adito l’intestato Tribunale lamentando di aver subito, il 12.03.2011, un infortunio sul posto di lavoro, presso la sede della ditta Studio D. s.r.l.
L’odierno ricorrente, all’epoca dei fatti di causa socio di E. T. s.n.c., ha asserito che, in tale data, si trovava con il sig. D. E., suo socio, presso la sede della Studio D. s.r.l. e di essere salito sul tetto dello stabile, su ordine del sig. X. J. (amministratore unico e legale rappresentante della società convenuta), per effettuare il taglio di una grondaia. Mentre si trovava sul tetto, il K., sfondando un lucernario in plastica, cadeva al suolo da un’altezza di 7/8 metri.
A seguito di diversi interventi chirurgici e periodi di riabilitazione, al medesimo è stato riconosciuto un danno biologico quantificato nella misura del 36%.
Il ricorrente ha, così, chiesto che venisse accertata e dichiarata la civile responsabilità di Studio D. s.r.l. e del sig. X. J. in relazione all’infortunio sul lavoro da questi subito, non avendo questi ultimi informato il lavoratore sullo stato del tetto, né sui possibili rischi per la sicurezza e l’incolumità durante lo svolgimento dei lavori; per l’effetto, ha chiesto la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi, con vittoria delle spese di lite.
A seguito della notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione d’udienza, hanno resistito la Studio D. s.r.l. ed il sig. X. J., depositando congiuntamente comparsa di costituzione e risposta in data 05.03.2015.
Gli odierni resistenti hanno chiesto: in via preliminare, l’accertamento della carenza di legittimazione passiva del sig. X. e, conseguentemente, la sua estromissione dal giudizio; in via principale, invece, il rigetto delle domande tutte ex adverso formulate, poiché infondate in fatto ed in diritto. Con vittoria delle spese di giudizio.
Si è, altresì, costituito, in data 06.03.2015, l’INAIL, il quale, avendo riconosciuto l’infortunio subito dall’odierno ricorrente, ha allo stesso erogato prestazioni per un importo pari ad € 220.657,92. Pertanto, l’Ente ha svolto domanda riconvenzionale di regresso nei confronti di Studio D. s.r.l. e di X. J., subordinata all’accertamento della loro responsabilità per l’evento per cui è causa.
La causa, esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, è stata istruita sulla base delle testimonianze assunte, dei documenti prodotti in giudizio dalle parti e della Ctu disposta dallo scrivente. Infine, è stata rinviata all’odierna udienza per discussione, previa concessione di un termine per il deposito di note autorizzate.
Tanto premesso circa lo svolgimento del giudizio, a parere di questo Giudice, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Ed invero, dal quadro probatorio delineatosi emergono versioni contrastanti sullo svolgimento dei fatti di causa.
Il ricorrente ha asserito nell’atto introduttivo, come detto, di essere salito sul tetto dello stabile su ordine del sig. X. per tagliare una grondaia e di esser precipitato al suolo calpestando e sfondando un lucernario poco visibile ed in plastica, dunque, non portante. Una corrispondente versione è stata fornita dal teste sig. D. E., sentito all’udienza del 09.12.2015, il quale ha dichiarato: “…il signor J. X. mi aveva detto di andare sul tetto perché dovevo tagliare delle grondaie, con me c’era anche il ricorrente. Io poi sono sceso giù per prendere gli occhiali e la mascherina nel capannone e quando ero giù il ricorrente è caduto. Noi avevamo visto il lucernario da giù ma non era segnalato. [,..]Non c’era la linea vita sul tetto o comunque io non la ho vista; non avevamo le cinture di sicurezza e non ci era stato detto di metterle. Per tagliare le grondaie dovevamo salire sul tetto perché dal ponteggio non si riusciva… ”. Tuttavia, gli odierni resistenti ed il teste da essi citato hanno reso una versione della vicenda alquanto differente.
Ed invero, a loro dire, il sig. X. mai avrebbe dato l’ordine di salire sul tetto della sede della società per tagliare la grondaia, visto che il lavoro commissionato alla E. T. era unicamente quello della rasatura delle pareti interne e del cappotto esterno dello stabile, attività facilmente espletabile facendo uso dei ponteggi posti ai lati del medesimo.
Per altro, dalle informazioni raccolte dal Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia Romagna – Distretto Sud Est Dipartimento Sanità Pubblica Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, nell’ambito dell’informativa relativa all’infortunio sul lavoro dell’odierno ricorrente, è emerso che, in realtà, la caduta è stata causata da un comportamento imprudente del lavoratore medesimo (cfr. doc. 1 fascicolo resistenti).
Ed invero, sentito a sommarie informazioni in data 22.03.2011, il sig. D. ha dichiarato che stava lavorando su di un trabattello a circa 5/6 metri dal piano terra per realizzare la rasatura esterna della facciata. Giunto nel capannone per prendere del collante per la rasatura, vedeva precipitare da un lucernario il suo socio. Il sig. K., a terra dolorante, gli riferiva di esser andato sulla copertura dello stabile per urinare e di non essersi accorto della presenza di una lastra di materiale traslucido e quindi non portante, poiché coperta da un notevole strato di polvere (cfr. doc. 1 – all. 4 fascicolo resistenti).
Lo stesso ricorrente, sentito in data 01.04.2011, pur fornendo una versione in parte differente da quella esposta dal suo collega, ha raccontato che si trovava già sul tetto dell’edificio per eseguire il taglio di una grondaia e che, nell’attesa che il sig. D. tornasse con gli strumenti adatti, si portava al centro della copertura per urinare senza esser visto dalla strada sottostante. Causa lo strato di polvere accumulatasi, non si accorgeva di calpestare una lastra non portante, precipitando, così, all’interno del capannone (cfr. doc. 1 – all. 5 fascicolo resistenti).
Sentito ancora una volta, in data 26.05.2011, il socio del ricorrente, sebbene avesse confermato quasi totalmente la versione da questi fornita, asserendo di essersi recato sul tetto del capannone per ordine del committente, ha, tuttavia, ribadito che il K. gli avrebbe riferito di essersi spostato fino a quella posizione della copertura per soddisfare un suo bisogno fisiologico.
A supporto della prima versione dei fatti fornita da D. (“Preciso che sul tetto non dovevamo svolgere nessun tipo di lavoro e non c’era necessità di accedervi per nessuna ragione”, doc.1 all.4, pag.2 parte resistente) vi è anche la dichiarazione dell’altro teste, G. C., il quale ha riferito che “il nostro lavoro era frontale al tetto, si lavorava sulla facciata”, con ciò confermando che non vi era alcuna necessità lavorativa per la quale il ricorrente dovesse recarsi nella zona del lucernario.
Pertanto, sulla base di tali dichiarazioni, non contestate da parte ricorrente, questo Giudicante ritiene che l’infortunio per cui è causa sia occorso per un comportamento poco avveduto ed imprudente del lavoratore, il quale, per rispondere ad un bisogno fisiologico, ha camminato sulla copertura dello stabile senza alcun dispositivo di sicurezza.
Il ricorrente ha pertanto posto in essere un comportamento abnorme, ovvero esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute e, dunque, come tale del tutto imprevedibile, con conseguente esclusione della responsabilità del datore di lavoro per causa sopravvenuta.
Non si deve infatti dimenticare che in caso di infortunio sul lavoro spetta al lavoratore l’onere di provare il nesso di causalità tra il danno subito e la mancata adozione di misure di sicurezza da parte del datore di lavoro: il verificarsi di un infortunio sul lavoro non è di per sé sufficiente a far scattare a carico dell’imprenditore l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare l’evento, posto che occorre prima l a dimostrazione, da parte del lavoratore, sia del danno subito, che del rapporto di causalità fra la mancata adozione di determinate misure di sicurezza (specifiche o generiche) ed il danno subito.
Ad analoghe conclusioni è pervenuto il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Parma, che nel disporre l’archiviazione del procedimento a carico di X. J. ha evidenziato la possibilità che l’evento di fosse verificato “non per difetto della predisposizione delle necessarie misure di sicurezza o per difetto di informazione da parte del committente in ordine ai rischi presenti in cantiere, ma in dipendenza di un comportamento imprudente della persona offesa, che avrebbe camminato sulla copertura dell’edificio per far fronte ad un bisogno fisiologico senza far uso dei dispositivi di sicurezza (presenti) contro le cadute dall’alto”.
Conseguente al rigetto della domanda del ricorrente è anche la reiezione della domanda riconvenzionale proposta da INAIL.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Le spese di Ctu, già liquidate come da separato decreto, sono definitivamente poste a carico di parte ricorrente.
P.Q.M.
Disattesa ogni contraria o diversa istanza, domanda ed eccezione, così decide:
respinge le domande del ricorrente;
respinge, per l’effetto, la domanda di regresso dell’INAIL;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del resistente, liquidate: in € 3.175,00 per la fase di studio della controversia, in € 1.112,50 per la fase introduttiva del giudizio, in € 1.725,00 per la fase istruttoria e di trattazione della vertenza ed in € 2.995,00 per la relativa fase decisionale, avuto riguard o ai parametri medi di cui al D.M. 55/2014, oltre al 15% per rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge, dichiarando compensate le rimanenti spese di lite;
Pone definitivamente a carico di parte ricorrente le spese di CTU, già liquidate come da separato decreto.
Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.Parma, 1 settembre 2016Il Giudice
dott. Giuseppe Coscioni
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