Sentenze

Tribunale di Udine, Sez. Civile – Sentenza n. 807/2016 del 15.06.2016 (Dott.ssa A. Bisceglia)

Risarcimento danni

REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI UDINE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Alessia Bisceglia, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa iscritta al n. R.G. XXX/14 Promossa da:
B. M. (c.f. ) e P. R. (c.f. ), rappresentate e difese dall’avv. V. T., per procura a margine dell’atto di citazione

– attrici –

contro

P. G. (c.f. ), rappresentato e difeso dall’avv. A. S., per procura a margine della comparsa di costituzione c risposta

– convenuto –

oggetto: risarcimento danni
sulle seguenti conclusioni di parte precisate all’udienza del 21.12.15: attrici: nel merito come da atto di citazione (accertato che il convenuto, per il tramite del proprio figlio, ha occupato senza titolo l’immobile di cui in premesse dal 21.11.11 al 27.03.14, condannarsi il signor P. G. a risarcire i danni che si indicano in 6. 14.500,00 salva diversa maggiore o minore valutazione giudiziale. Spese e compenso di causa rifuse oltre IVA e CNA) e in via istruttoria come da memorie ex art. 183 c. 6 nn. 2 c 3 c.p.c. chiedendo il rigetto delle domande riconvenzionali per i motivi di fatto ed eccezioni di diritto formulate;
convenuto: come da allegato a verbale dell’udienza del 21.12.15 (IN VIA PRELIMINARE: Fissarsi ai sensi dell’art 269 C.P.C. altra udienza per consentire la chiamata in causa della sig. R. M. V. nata a Bordano in data e anagraficamente residente in Udine via e la chiamata in causa della ditta C. L. con sede in Majano IN VIA PRINCIPALE NEL MERITO: Respingersi la domanda formulata ex adverso come infondata. IN VIA RICONVENZIONALE PRINCIPALE: Condannarsi le attrici a corrispondere al convenuto il rimborso delle spese per la manodopera delle riparazioni strutturali di cui in narrativa e meglio descritte nel contratto 12/10/2007 eseguite sulFimmobile dal convenuto immobile, ulteriori rispetto a quelle accertate con la sentenza del Tribunale di Udine nr. 919/2013 depositata il 4 luglio 2013, nella misura di euro 25.700 (diconsi venticiquemilasettecento), o in subordine ad indennizzare il convenuto ex art 2041 c.c dell’arricchimento senza causa che tali interventi strutturali e straordinari hanno arrecato alle attrici, che si quantifica nell’importo di cui sopra. IN VIA RICONVENZIONALE SUBORDINATA Accertarsi la compensazione legale o giudiziale tra il credito per rimborso o l’indennizzo ex art 2041 c.c. per le spese della manodopera delle riparazioni strutturali eseguite sulFimmobile dal convenuto immobile, ulteriori rispetto a quelle accertate con la sentenza del Tribunale di Udine nr. 919/2013 depositata il 4 luglio 2013 nella misura di euro 25.700 (diconsi a venticiquemilasettecento) ed il credito azionato dalle attrici nella presente causa, e disporsi la condanna delle attrici al pagamento a favore del convenuto della maggior somma di sua competenza. IN VIA RICONVENZIONALE ULTERIORMENTE SUBORDINATA: Accertarsi che al contratto di appalto di data 12 10 2007 tra il sig. P. G. (committente) e la ditta individuale C. L. con sede in Majano (appaltatore) ha aderito, quale committente, anche il defunto sig. P. R., o comunque si è accollato il debito quale debitore solidale nei confronti dell’appaltatore C. L., e per l’effetto dichiararsi B. R. e P. M., nella qualità di eredi di P. R. sono debitrici solidali con P. G. nei confronti di C. L. della somma di euro 24.500 (ventiquattromilacinquecento) a tale titolo. Vittoria nelle spese diritti ed onorari, Iva e CNA come per legge. IN VIA ISTRUTTORIA…”).

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione di data 27.10.14 B. M. e P. R. convenivano in giudizio P. G. allegando di essere eredi di P. R., fratello dell’odierno convenuto. Lamentavano le attrici che P. G. aveva trattenuto il possesso esclusivo dell’immobile con annesso terreno assegnato al loro dante causa nel corso di una annosa vertenza divisionale conclusasi tra i fratelli con la sentenza n. 1403/09 del Tribunale diUdine, passata in giudicato il 21.11.11. In particolare, le attrici riferivano che il de cuius aveva richiesto,prima in via stragiudiziale e poi giudizialmente di essere immesso’nel possesso dell’immobile ormai di sua esclusiva proprietà c che P. G. aveva rifiutato di adempiere a tale suo obbligo, costringendo il loro dante causa ad ottenere la sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 che faceva obbligo a P. G. di rilasciare l’immobile nel quale questi aveva insediato ad abitarvi il proprio figlio, P. G.. Riferivano, quindi, le attrice che, per ottenere la liberazione dell’immobile, si era resa necessaria anche l’esecuzione coatta del provvedimento avvenuta il 27.03.14. Chiedevano, dunque, B. M. e P. R. il risarcimento del danno (che quantificavano in €. 14.500,00 pari a €. 500,00 per 29 mesi di occupazione) per non aver potuto disporre dell’immobile per la sua abusiva occupazione protrattasi dal 21.11.11 al 27.03.14.
Si costituiva in giudizio P. G. negando di aver occupato l’immobile, sostenendo invece che tale casa era da lungo tempo posseduta dalla di lui ex coniuge R. M. V. in forza di un titolo autonomo che le consentiva di abitare l’immobile sino alla sua fine vita. In ogni caso, il convenuto contestava quanto chiesto a titolo di risarcimento e, a sua volta, in via riconvenzionale, chiedeva che le attrici venissero condannate a pagare l’importo di € 25.700,00 asseritamente da lui sostenuto per lavori di ristrutturazione del cespite immobiliare oggetto di causa, solo parzialmente rimborsati dalla attrici e dei quali restava da rimborsare la manodopera per due solai al primo e al secondo piano e piano terra per la posa delle perline e delle travi con il materiale connesso la prova dei quali era il contratto dd. 12.10.07 con la Ditta C. e la fattura di acconto dd. 12.10.07.
Il Giudice, su richiesta delle parti, concedeva i termini ex art. 183 c. 6 c.p.c..
In particolare, quanto alla domanda riconvenzionale di rimborso dei costi di ristrutturazione, le attrici, con la prima memoria ex art. 183 c. 6 c.p.c., eccepivano che tale rimborso era già stato richiesto in via riconvenzionale nella causa, così argomentando sulla improponibilità della domanda in un nuovo processo.
Istruita la causa documentalmente, il Giudice fissava l’udienza di precisazione delle conclusioni.
Quindi, precisate le conclusioni come riportate in epigrafe e concessi i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, all’esito la causa era trattenuta in decisione.
Così succintamente riassunto il motivo del contendere e lo svolgimento del processo, ritiene il Giudicante che, innanzitutto, la domanda attorea sia infondata e vada rigettata per le ragioni che di seguito si espongono.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di statuire che: “…in tema di occupazione abusiva di immobile, il danno patrimoniale subito dal titolare del bene – della cui prova egli è sempre onerato – dipende dall’atteggiarsi del suo godimento su di esso nel momento in cui si verifica l’occupazione, giacché solo se esista un godimento diretto o indiretto si concretizza un danno emergente da rapportare alle utilità che egli avrebbe potuto acquisire dal bene se non occupato, mentre, in caso contrario, sarà al più ipotizzabile un lucro cessante, da identificare nell’impossibilità di realizzare la modalità di godimento diretto che era stata programmata prima dell’occupazione, ovvero una modalità di godimento indiretto che si sia presentata “medio tempore” e resa, del pari, impossibile dall’occupazione…” (Cass. 15757/15).
In particolare, nella motivazione della citata sentenza così si legge:
“ dall’altra parte i ricorrenti articolano la propria difesa sulla base del
principio di diritto espresso nella sentenza di questa Corte n. 24437/2009 secondo la quale l’occupazione sine titulo è di per sè produttiva di un pregiudizio per il titolare dell’immobile, in quanto ostativa della percezione dei frutti e delle utilità della res a causa dell’illecita situazione di fatto determinata dall’occupante. Il contrasto fra i due indirizzi è soltanto apparente perché, pur affermando Cass. n. 378/2005 che il danno da occupazione abusiva non è in re ipsa, essa non si pone in contrasto con il consistente filone di giurisprudenza che ancora oggi afferma che un tale danno si configura. La massima ufficiale di Cass. n. 378/2005 risulta così formulata: “Il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato) non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli arti. 1223 e 2056 c.c„ trattasi pur sempre di un danno-conseguènza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti”. In tal modo la sentenza, assumendo le condivisibili premesse teoriche circa la necessità di distinguere il c.d. danno evento da quello conseguenza, successivamente ribadite dalle Sezioni Unite con le quattro sentenze gemelle nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008, ha rimarcato che il danno non può ritenersi in re ipsa nel senso che il danneggiato non può ottenerne il riconoscimento per il solo fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva. La sentenza ha così sottolineato, proprio nella logica del danno conseguenza, che spetta aI danneggiato allegare le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza. Ma anche l’orientamento apparentemente opposto non sembra negare tale necessità, quando allude al ricorso a criteri di. normalità dell’individuazione dell’uso di cui il titolare del diritto è stato privato; così,, infatti, si riferisce a danni conseguenza e facendo riferimento a criteri di normalità non sembra prescindere dagli oneri di allegazione e prova, questi ultimi pur sulla base di presunzioni.
In realtà, occorre intendersi sulla identificazione del danno evento da occupazione senza titolo: esso è certamente rappresentato dall’instaurarsi sul bene di una situazione di godimento diretto dell’occupante, che preclude il godimento diretto del titolare e nel contempo non gli permette di goderlo indirettamente, cioè conferendone il godimento, ossia la detenzione, ad altri.
E questo che si configura come danno evento, cioè come lesione della situazione vantata sull’immobile dal titolare. Altra cosa è il danno conseguenza in senso patrimoniale. Esso naturalmente dipende dall’atteggiarsi del godimento del titolare sul bene al momento in cui si verifica l’occupazione e successivamente da! verificarsi di situazioni che, se l’occupazione non esistesse, consentirebbero la fruizione di utilità al titolare del bene. Sotto il primo aspetto è palese che, per effetto del danno evento da occupazione, diversa è la situazione del titolare che godeva direttamente dell’immobile svolgendovi un’attività e che, dunque, vede preclusa la continuazione di tale possibilità, da quella del titolare che non svolgeva alcuna attività sull’immobile, cioè non esercitava un godimento diretto su di esso e nemmeno lo godeva indirettamente, cioè riscuotendo un’utilità economica da un terzo (ad esempio, un conduttore), ossia frutti civili, oppure soddisfaceva un’esigenza affettiva o amicale (come nel caso di utilizzazione gratuita da parte di un figlio o di un amico). È proprio in relazione all’atteggiarsi del godimento al momento dell’occupazione altrui che, per il suo protrarsi, potrà emergere o meno un danno conseguenza in relazione all’esistenza o no di una privazione della facoltà di godimento com’era in atto: a seconda dei casi si potrà dare l’esistenza di un danno emergente, come tale suscettibile di valutazione economica secondo le circostanze del caso. Ed il titolare dovrà allegarlo. Se invece un godimento diretto non vi era e nemmeno ve n ‘era uno indiretto fonte di utilità, come nel caso in cui venga occupato un terreno che il titolare del diritto su di esso si limitava a godere a distanza senza svolgervi alcuna attività e lasciandolo inutilizzato (ad esempio incolto), allora non si configurerà un danno conseguenza per effetto della privazione. La situazione del godimento del titolare resta, infatti, immutata ed egli non riceve un danno conseguenza per effetto della privazione del godimento com’era. Semmai, non diversamente da come potrebbe riceverlo anche il titolare che goda direttamente del bene, in questo caso, si potrà verificare un danno derivante dalla impossibilità di realizzare una modalità di godimento diretto che era stata programmata prima del’occupazione (come se si era divisato di realizzare una certa attività sul bene) o una modalità di godimento indiretto che si presenti (come nel caso in cui un terzo formuli un’offerta locativa, che non possa essere soddisfatta per l’occupazione del bene): in tali casi si tratterà di danno da lucro cessante e parimenti la situazione determinativa de! danno andrà allegata e dimostrata. La stessa Cass. n. 378 del 2005 adombra anche in motivazione naturai iter l’uso di presunzioni proprio nei sensi indicati. … Solo in caso di mancanza di godimento diretto e di dimostrazione di impossibilità di realizzazione di un progetto di godimento diretto a causa dell’occupazione, questo criterio di liquidazione (n.d.r. applicazione di criteri equitativi di liquidazione, come potrebbe essere l’individuazione del corrispettivo della locazione dell’immobile da parte del proprietario a terzi con permanenza del suo godimento diretto nell’immobile congiuntamente a quello del conduttore) non è possibile; ma non lo è perché la situazione di danno emergente in questo caso non esiste. Semmai, se si dimostri che alcuno avrebbe preso in locazione l’immobile e che, dunque, è rimasto precluso un utilizzo indiretto, si potrà dare un danno da lucro cessante.
Ebbene, premesso il principio della c.d. ragione più liquida (Cass. 12002/14), ritiene il Giudicante che, nel caso concreto, le attrici, comunque, non abbiano compiutamente allegato e, poi, provato, neppure per presunzioni, il c.d. danno-conseguenza derivante dalla occupazione dell’immobile di cui si tratta.
Infatti, da un lato (danno emergente), le attrici ed il loro dante causa non hanno mai avuto il godimento dell’immobile e tratto da esso una utilità fruttifera (è pacifico tra le parti che l’immobile anche nel corso della causa di divisione è sempre stato posseduto solo dall’odierno convenuto e che P. R. non ne ha ricavato frutti).
Sotto altro profilo (lucro cessante), le attrici non hanno offerto alcun elemento per ritenere che l’immobile de quo era stato oggetto di un programma di utilizzo impedito dall’occupazione altrui.
Infatti ed in conclusione, in atto di citazione le attrici si sono limitate ad allegare di non aver potuto disporre del bene, così facendo, però, hanno allegato solo il c.d. danno-evento (né altro più è stato allegato in merito negli atti successivi all’atto di citazione).
Ciò posto e vendendo all’esame delle domande del convenuto, anche queste devono, a parere del Giudicante, essere disattese.
Precisato che non si è dovuto procedere all’estensione del contraddittorio nei confronti di R. M. V. né nei confronti di C. L. visto che il convenuto non ha richiesto un accertamento con efficacia di giudicato (cfr. art. 34 c.p.c.) e visto che non ricorrono ipotesi di litisconsorzio necessario (cfr. Cass. 25676/14), innanzitutto, la domanda di P. G. formulata in via riconvenzionale principale è improcedibile perché coperta dal giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 (cfr. doc. 7 attoreo, in particolare nella sua produzione integrale in telematico).
Nella sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 si legge, infatti, che in quella sede P. G. aveva chiesto il rimborso delle spese per il rifacimento dei solai del primo e del secondo piano in travi e perlinati di legno, oltre che per la riparazione del tetto, l’installazione dell’impianto termico, il rifacimento dell’impianto elettrico, il ripristino della muratura e la sostituzione delle grondaie e degli infissi (cfr. pg. 8 della sentenza). E’, quindi, evidente la coincidenza con le pretese oggetto della domanda riconvenzione della presente causa (manodopera per i due solai al primo e al secondo paino e piano terra per la posa delle perline e delle travi con il materiale connesso, cfr. pg. 17 della comparsa di costituzione). Peraltro, lo stesso convenuto indica in comparsa di costituzione (sempre a pg. 17) che la prova di tali spese è il contratto di appalto del 2007 e la fattura di acconto sempre del 2007, laddove la sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 risale, appunto, al 2013 su ricorso dd. 03.02.11 (cfr. doc. 6 attoreo).
E’, poi, da rigettare la domanda di P. G. formulata in via riconvenzionale subordinata perché non sussiste un credito del convenuto per spese per lavori ulteriori rispetto a quelli riconosciuti nella sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 (si è già detto sopra che le pretese oggetto della domanda riconvenzionale in via principale del convenuto riguardano gli stessi lavori su cui ha già deciso la sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13).
Da ultimo, anche la domanda formulata in via riconvenzionale ulteriormente subordinata dal convenuto deve essere rigettata perché i doc. 16 e 17 del convenuto dimostrano che il committente dei lavori è stato solo P. G. (il contratto è sottoscritto solo da P. G. e la fattura è intestata solo a P. G.). Lo stesso P. G., nelle conclusioni formulate della causa terminata con la sentenza del Tribunale diUdine n. 919/13, conferma che le riparazioni e migliorie sono state eseguite da lui (cfr. pg. 2 della citata sentenza). Peraltro, difetta l’interesse del convenuto alla pronuncia visto che il convenuto ha riconosciuto che €. 11.171,50 di cui al dispositivo della sentenza del Tribunale di Udine n. 919/13 gli sono stati rimborsati (cfr. pg. 17 della comparsa di costituzione), né il convenuto ha dimostrato di aver pagato a C. L. altre somme o di averne ricevuto richiesta di pagamento.
Attesa la soccombenza reciproca, sussistono tutti i presupposti di legge per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale di Udine, in persona del Giudice dott.ssa Alessia Bisceglia, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così decide:
a) rigetta la domanda attorea;
b) dichiara fimprocedibilità della domanda riconvenzionale in via principale del convenuto;
c) rigetta le domande riconvenzionali in via subordinata ed ulteriormente subordinata del convenuto;
d) compensa tra le parti le spese di lite.
Il Giudice
Bisceglia Alessia

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