Sentenze

Tribunale di Venezia, Sez. III Civile – Ordinanza n. 3348/2015 del 19.11.2015 (Dott. P. Talamo)

RG n. XXXX/2015
Il giudice del Tribunale di Venezia, terza Sezione Civile, in persona del dott. Paolo Talamo, nello sciogliere la riserva assunta all’udienza del pronuncia la seguente

Ordinanza

ai sensi dell’art. 19, DLgs. 150/2011, dell?art. 702 bis ss. epe., del DLgs. 2521/2007, del DLgs. 25/2008 e del DLgs. 286/1998
nella causa pendente tra è rappresentato e difeso in giudizio, giusta procura in atti, dall’avv. R. B. (del Foro di Verona ), con domicilio eletto presso il difensore con studio professionale in Verona ,

ricorrente

e

MINISTERO DELL’INTERNO rappresentato e difeso in proprio, a mevgp di rappresentante designato dalla Commissione che ha adottato l’atto impugnato, e con domicilio eletto presso l’indirizzo PEC indicato in comparsa di costituzione

resistente

osservato come infondata sia la preliminare eccezione opposta dal convenuto in punto nullità della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto che ha fissato l’udienza e ciò alla luce di quanto stabilito dall’art. 19, co. 6, DLgs. 150/2011 che prevede che “il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sono notificati, a cura della cancelleria, all’interessato e al Ministero dell’interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale”; la norma or ora citata è chiaramente speciale e come tale prevale rispetto alla generale disciplina dettata dall’art. 1 del R.D. 30.10.1933 n. 1611, nonché dall’art. 9, secondo comma, 1. n. 103/79; pertanto in materia di protezione internazionale, il Ministero dell’Interno deve intendersi domiciliato presso la Commissione Territoriale in cui è stato incardinato il procedimento di riconoscimento della protezione internazionale;
osservato, in ogni caso, come la costituzione del Ministero, ancorché effettuata successivamente allo spirare del termine assegnato con decreto dall’intestato Tribunale, non portando alcuna domanda riconvenzionale nei confronti del ricorrente, debba ritenersi comunque efficacemente effettuata;
Dato atto, in generale, come l’opposizione ex art. 35 D.LVO 25/2008 attribuisca all’autorità giudiziaria adita l’onere dell’integrale riesame della domanda inoltrata alla Commissione territoriale di modo che il giudizio così instaurato non sia vincolato esclusivamente ai motivi di opposizione ma comporti un completo riesame della domanda presentata in sede amministrativa sia con riferimento al riconoscimento dello status di rifugiato che in ordine alla protezione sussidiaria o al rilascio di un permesso sostenuto da ragioni umanitarie o da obblighi internazionali o costituzionali diversi da quelli derivanti dall’art. 3 CEDU o da quelli indicati nel D.LVO 251/2007 art. 14 lette.) (Cass. 24.3.2011 , n. 6480);
Dato atto parimenti atto che nel far ciò l’autorità adita vaglierà la sussistenza di atti persecutori nonché i motivi della citata persecuzione al fine di accertare il fondato timore di persecuzione personale e diretta nel paese di origine del richiedente ancorché incomba direttamente sull’istante il relativo onere probatorio (art. 3 D.LVO 25/2008);
rilevato come possa attribuirsi la qualifica di rifugiato e, come tale, di soggetto destinatario di protezione internazionale, a colui che “cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese”, oppure a colui che “apolide che si trova fuori dal territorio nel qual aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all’articolo 10”;
rilevato come la qualifica di rifugiato possa essere attribuita solamente a colui che sia perseguito ovvero tema di esserlo per specifici motivi (razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale ed opinioni politiche) dovendo quindi l’individuo richiedente protezione possedere le caratteristiche su cui la persecuzione si fonda ovvero essendo necessario che tali caratteristiche gli siano attribuite (a ragione o a torto) dall’agente di persecuzione;
rilevato come il timore di persecuzione per i motivi normativamente previsti possa sorgere anche allorquando lo straniero già si trovi sul territorio dello Stato al quale inoltra domanda di protezione;
rilevato come per che ricorra il requisito del timore di subire atti persecutori al fine del riconoscimento dello status di rifugiato sia necessario che detto timore sia fondato e, quindi, che il richiedente protezione internazionale abbia già effettivamente subito persecuzioni nel passato ovvero che di simili persecuzioni siano rimasti vittima altri del suo stesso ambiente sociale o familiare, ovvero altri individui che si trovano nella sua medesima situazione (art. 4, DLgs. 251/2007);
rilevato come ogni valutazione di fondatezza del timore di persecuzione debba essere effettuata tenuto conto della personale condizione e delle specifiche caratteristiche del richiedente protezione internazionale (art. 3, co. 3, lett. C, DLgs. 251/2007);
osservato come, a mente dell’art. 7, DLgs, 251/2007, debbano considerarsi atti di persecuzione quelli consistenti in gravi violazioni dei diritti umani fondamentali ovvero in atti che, congiuntamente considerati, abbiano sull’individuo un impatto analogo a quello provocato dalla violazione grave dei diritti umani fondamentali;
rilevato come gravi violazioni dei diritti umani fondamentali possano assumere la forma di: “a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale; b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio; c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie; d) rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria; e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle clausole di esclusione di cui all’articolo 10, comma 2; f) atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia”.
rilevato come, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, possa attribuirsi rilevanza, quale agente persecutore, tanto allo Stato estero di provenienza del richiedente protezione, quanto a soggetti che esercitano prerogative pubbliche all’interno dello Stato ovvero a soggetti terzi e privati che lo Stato non sia in grado o non intenda di controllare;
rilevato come, quanto al regime dell’onere della prova nella materia in trattazione, “sia la Commissione territoriale, alla quale spetta la prima valutazione della domanda di protezione internazionale, sia gli organi di giurisdizione ordinaria sono tenuti a valutare l’esistenza delle condizioni poste a base delle misure tipiche e della misura residuale del permesso umanitario, utilizzando il potere-dovere d’indagine previsto dall’art. 8, terzo comma, del d.lgs. n. 25 del 2008 e quello relativo alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente, precisato dall’art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007, con forte attenuazione del regime ordinario dell’onere della prova”(cass. civ. 16221/2012);
osservato come, nel concreto caso in esame:
– Possa dirsi provata l’appartenenza dei ricorrente a formazione politica (apparentemente non militarizzata) che opera nella regione dell’Azad Pakistan e che ha quale missione l’ottenimento dell’indipendenza (tanto dal Pakistan quanto dall’India) del Kashmir (come comprova la documentazione – fotografica inclusa – prodotta dal ricorrente innanzi alla Commissione di Verona – doc. 4 – ed inoltre la conoscenza che lo stesso, nel riferire innanzi alla Commissione Territoriale di Verona, ha dimostrato di avere delle vicende del Kashmir e del partito politico di cui è componente ed esponente locale di spicco);
– Possa dirsi dimostrato che il ricorrente, in seguito a manifestazione sostanzialmente (per gli standard occidentali) pacifica, sia stato destinatario di atti di aggressione da parte della polizia e quindi di ordine di arresto (doc. 4 sulla cui rispondenza al vero la convenuta nulla eccepisce) e come, in relazione ai fatti oggetto di imputazione, rischi condanna a parecchi anni di carcere (doc. 6);
– Possa ritenersi quindi che il ricorrente è stato vittima di atti di persecuzione secondo la definizione sopra riportata e lo sia stato per ragioni legate alle opinioni politiche dallo stesso espresse/professate;
– Possa affermarsi che il timore che il ricorrente ha di essere nuovamente, ove rientrasse nel paese di origine, perseguitato, è fondato, e ciò sia in quanto già vittima di persecuzione sia perché le fonti di consultazione note alla convenuta e dalla stessa conosciute ed in altre occasioni utilizzate attestano che coloro che non hanno appoggiato l’adesione della Azad Kashmir al Pakistan, oltre ad essere stato loro impedito di accedere al processo politico, sono stati anche, in alcune occasioni, oggetto di sorveglianza, vessazioni e talvolta imprigionati (a tal riguardo, altre alla documentazione dal ricorrente dimessa, si veda il provvedimento resa dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in data 17/3/2015 – doc. 11 rie. – che adeguatamente cita le fonti di conoscenza di una simile circostanza);
osservato come identiche considerazioni abbia svolto la stessa Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona affrontando caso similare a quello per cui oggi si procede (doc. 11 ric.);
ritenuta pertanto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al ricorrente di protezione internazionale stante la sua qualifica di rifugiato;
Osservato come la particolarità della materia trattata imponga l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

PQM

Il Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
in accoglimento del ricorso riconosce a lo status di rifugiato
ai sensi della Convenzione di Ginevra relativa alla status dei rifugiati datata 28/7/1951 e del D.Lgs. 251/2007;
integralmente compensa le spese di giudizio tra le parti.
SI COMUNICHI ALLE PARTI COSTITUITE.
Venezia, 17/11/2015.
Il giudice
dott. Paolo Talamo

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