Sentenze

Tribunale Ordinario di Milano, Sez. VI Civile – Ordinanza 30.6.2015 (Dott. Stefani)

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SESTA SEZIONE CIVILE
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. ? /2015 promosso da:
ASSOCIAZIONE MOVIMENTO CONSUMATORI (C.F.) con il patrocinio dell’avv. G. M. e dell’avv. F. P. M. S. (C.F.) Indirizzo Telematico; P. P. (C.F.) Indirizzo Telematico; elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. G. M.
– parte ricorrente –
contro
INTESA SANPAOLO S.P.A. (C.F. ) con il patrocinio dell’avv. TAVORMINA VALERIO elettivamente domiciliato in CORSO ITALIA, 8 20122 MILANO
– parte convenuta –
Il giudice dott. Antonio S. Stefani, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 04/06/2015, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
1. Con ricorso ai sensi dell’art. 140, comma 8, d. lgs. 205/2006 (codice del consumo) l’Associazione Movimento Consumatori ha chiesto al Tribunale di inibire alla Banca INTESA SANPAOLO s.p.a. ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi sui rapporti denominati “conto corrente ordinario consumatori”, “conto corrente in divisa estera” e “conto facile”, nonché di inibire la predisposizione, la diffusione, l’utilizzo e l’applicazione delle clausole che prevedono l’anatocismo.
2. L’eccezione di difetto di legittimazione sostanziale sollevata dalla Banca convenuta (cfr. memoria di costituzione, pagg. 7-14) è infondata.
È vero, come evidenziato, dalla Banca che la materia del credito non è contemplata nell’art. 139, cod. cons., dedicato specificatamente alla legittimazione ad agire. Detto articolo, però, fa salvo quanto disposto dall’art. 2 dello stesso codice. Tale norma sancisce un catalogo di interessi, individuali e collettivi, nonché di diritti dei consumatori, per la cui tutela possono agire le relative associazioni. In particolare, accanto ad alcuni diritti in materia specifiche, è riconosciuto anche come fondamentale il diritto alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali (cfr. art. 2, comma 2, lett. e, cod. cons.).

È noto che in proposito sono intervenute due decisioni in senso favorevole alla legittimazione da parte di questo Tribunale, rese proprio in sede di reclamo in analoghi procedimenti. È quindi doveroso prenderne atto, anche in un’ottica di economia dei mezzi processuali. In particolare appare convincente, in favore della legittimazione, quanto argomentato nell’ordinanza del 3/4/2015, laddove si denuncia come una conclusione paradossale quella che consentirebbe ai sensi della norma invocata l’azione delle associazioni per le ipotesi, meno gravi, di mere prassi commerciali scorrette, negandola invece in caso di predisposizione, utilizzo e applicazione di una clausola contrattuale illecita e nulla perché contraria ad una norma di rango primario.
In effetti anche a livello di ordinamento positivo si riscontrano numerosi indici che impongono alle parti di comportarsi secondo correttezza e buona fede, quali gli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 c.c. Tali principi generali sono stati sempre più valorizzati e interpretati come estrinsecazione del dovere di solidarietà sociale, direttamente fondato sull’art. 2 Cost. Tale sviluppo ha quindi attribuito un fondamento costituzionale ai principi in parola, facendoli emergere come paradigmi portanti nell’intero ambito dell’attività contrattuale.
Ne consegue che non sembra coerente attribuire una portata riduttiva al diritto alla correttezza nei rapporti contrattuali, riconosciuto dall’art. 2, cod. cons., tale paradossalmente da escludere l’azione collettiva proprio per le condotte più gravi, quali quelle che comportino, in tesi, l’applicazione di clausole illecite.
Sussiste quindi la legittimazione del Movimento Consumatori ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. e) cond. cons., perché esso ha agito lamentando la violazione del diritto fondamentale alla correttezza nei rapporti contrattuali ad opera della clausola anatocistica applicata dalla Banca convenuta.
3. Nel merito il ricorso è fondato.
Il comma 2 dell’art. 120 TUB, come sostituito dall’art. 1, comma 629, legge n. 147/2013 (legge di stabilità), prevede che: “2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
In precedenza la norma in vigore fino al 31/12/2013 era del seguente tenore: “2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori”.
Dal raffronto tra le due norme risulta agevole cogliere la rilevante novità. Mentre in precedenza la norma primaria ha delegato all’organo amministrativo di stabilire le modalità per la produzione di interessi sugli interessi -nel che consiste l’anatocismo ex art. 1283 c.c. – adesso la norma si limita ad incaricare il CICR di stabilire le modalità di produzione degli interessi nelle operazioni bancarie. È sparito, quindi, il riferimento alla produzione di interessi sugli interessi.
Tenuto conto che nel nostro ordinamento vige un divieto generale di anatocismo posto dall’art. 1283 c.c. – salve limitate eccezioni – la logica conseguenza è che anche nelle operazioni bancarie non è più consentito calcolare interessi su interessi.
La norma, nella lettera b), contiene per due volte il riferimento alle operazioni di capitalizzazione, il che ha fatto sorgere qualche dubbio interpretativo circa la sua reale portata.
In proposito si osserva, in primo luogo, che la stessa lettera b) in esame è comunque molto chiara nell’affermare che i successivi interessi sono calcolati solo sulla sorte capitale, il che è perfettamente coerente con il divieto di anatocismo.
Per quanto riguarda il riferimento alle operazioni di capitalizzazione si osserva che, mentre in ambito giuridico tale termine è utilizzato come sinonimo di portare in conto gli interessi e quindi unirli al capitale, in matematica finanziaria è diffuso l’uso di tale espressione come sinonimo di interessi maturati, giunti a scadenza di pagamento. In particolare nel settore dei mutui si parla di periodo di capitalizzazione per indicare il tempo in cui matura la rata infra-annuale di rimborso, quando il mutuatario deve pagare la quota capitale e la quota interessi, la quale ultima quindi entra nella disponibilità del mutuante al pari del capitale reso.
In tale accezione tecnica la norma è perfettamente coerente, perché gli interessi periodicamente capitalizzati non sono altro che gli interessi maturati alla scadenza prevista nel rapporto.
A conferma di tale interpretazione, si noti che il citato comma 629 riproduce fedelmente la proposta di legge n. 1661 presentata alla Camera dei Deputati il 4/10/2013. Nella relazione introduttiva si legge molto chiaramente che l’intenzione perseguita è quella di “stabilire l’illegittimità della prassi bancaria in forza della quale vengono applicati sul saldo debitore, generalmente a scadenza trimestrale, i cosiddetti «interessi composti» (o interessi sugli interessi)”.
Ancora si consideri che in materia era intervenuto il legislatore, questa volta governativo, con il decreto-legge 24/6/2014, n. 91 (c.d. decreto competitività), il quale all’art. 31 incaricava il CICR di stabilire le modalità per la produzione di interessi sugli interessi, con periodicità non inferire ad un anno.
Ma tale norma è stata soppressa dalla legge di conversione n. 116/2014.
In tal modo, quindi, il legislatore ha ancora una volta inequivocabilmente manifestato una volontà contraria alla reintroduzione dell’anatocismo.
In conclusione, quindi, tutti gli elementi di valutazione e interpretazione conducono univocamente all’affermazione che in forza del nuovo disposto dell’art. 120, comma 2, TUB l’anatocismo nelle operazioni bancarie è vietato dal 1/1/2014, data di entrata in vigore della citata legge di stabilità.
4. La norma in esame delega al CICR di stabilire modalità e criteri per la sua attuazione e come noto l’organo governativo non ha ancora provveduto, nonostante siano trascorsi ormai 18 mesi. Tuttavia tale lacuna non impedisce che la norma sia efficace e vigente.
In primo luogo perché la norma primaria, come sopra argomentato, è chiara nella sua portata precettiva. Inoltre perché le modalità e i criteri della norma regolamentare devono dare attuazione alla norma primaria e non possono certo stravolgerla, conferendole una portata opposta a quanto dalla stessa stabilito. La mancanza della delibera CICR comporta unicamente che allo stato gli intermediari sono liberi di adottare qualunque modalità operativa e contabile al fine di garantire che gli interessi non siano mai calcolati sugli interessi in tutte le operazioni bancarie.
5. Parte convenuta, in via subordinata, ha prospettato un possibile contrasto con la normativa europea, sollecitando l’eventuale rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
Tale difesa non è però condivisibile.
In primo luogo si rileva che la materia dell’anatocismo non è oggetto di una specifica regolamentazione nella normativa della UE, tanto meno in sede bancaria.
La normativa in materia ha avuto invece ad oggetto l’accesso all’attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale: si veda in particolare la Direttiva 2013/36/UE.
Il considerando 22 della Direttiva prevede che dovrebbe essere garantito alle succursalio emanazioni delle Banche degli altri Stati membri di esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento nello stesso modo che nello Stato membro d’origine, ma purché “esse non siano contrarie alle disposizioni di legge di interesse generale dello Statomembro ospitante”.
Non v’è dubbio che nella fattispecie ricorra tale ipotesi derogatoria, dal momento che l’anatocismo ha costituito in Italia una questione lungamente dibattuta, che ha dato luogo ad un enorme contenzioso giudiziario, con plurimi interventi normativi di segno diverso. Ne consegue che la sua regolamentazione in termini di divieto corrisponde ad un interesse generale.
È stato fatto riferimento anche al caso C-442/02, Caixa Bank France vs. Ministero dell’economia francese, deciso con la sentenza della Corte di Giustizia del 5/10/2004 ed esaminata anche nella sentenza n. 341/2007 della Corte costituzionale. In tale decisione è stata ritenuta contraria alla normativa europea, sotto il profilo della restrizione alla libertà di stabilimento, una normativa regolamentare che impediva alle banche di remunerare i conti di deposito a vista, perché ciò pregiudicava l’accesso al mercato da parte delle Banche di altri Stati membri.
È agevole però rilevare che nel caso di specie la questione si pone in termini opposti.
Infatti siamo in presenza di una norma primaria che vieta l’anatocismo, cioè una condizione gravosa per la clientela, la cui eliminazione non può che giovare alla penetrazione nel mercato da parte di tutte le Banche, di qualunque Stato membro.
6. In conclusione, quindi, si deve affermare che non è corretto da parte della Banca convenuta l’aver predisposto, utilizzato ed applicato clausole anatocistiche passive nei conti correnti dei consumatori a partire dal 1/1/2014.
Misure adeguate per soddisfare l’esigenza di tutela espressa sono, quindi, innanzitutto l’ordine diretto a inibire ex art. 140, lett.
a), cod. cons. alla Banca INTESA SANPAOLO S.P.A. di dare corso a qualsiasi ulteriore forma di capitalizzazione degli interessi passivi con riferimento ai contratti di conto corrente già in essere o che verranno in futuro stipulati con consumatori.
Vertendosi in ambiti commerciali in cui la pubblicità del provvedimento può senz’altro contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate, secondo quanto indicato dall’art. 140 lett. c) c.d.c., va ordinato alla convenuta di provvedere entro 15 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento ad inserire sulla home page del suo sito web un avviso riportante il dispositivo della presente ordinanza; nonché di darne comunicazione a ciascun correntista consumatore, allegando copia del dispositivo della presente ordinanza al primo estratto conto trasmesso alla clientela secondo la periodicità e le modalità contrattualmente pattuite.

Per le medesime finalità di cautela, infine, va ordinato alla convenuta di curare entro 30 giorni la pubblicazione del dispositivo della presente ordinanza sui quotidiani “Il Corriere della Sera” e “Il Sole 24 Ore” con caratteri doppi rispetto al normale.
Le esigenze cautelari sopra evidenziate, compatibili con un potenziale nocumento in termini economici circoscritto, quanto a ciascun cliente consumatore, non rendono opportuna la previsione di penali per il ritardo nell’ottemperanza alle prescrizioni impartite con la presente ordinanza, non risultando le stesse indispensabili al fine di assicurare la tutela alla quale la preordinata l’ordinanza in parola.
7. Nel caso di specie non vi è soccombenza reciproca, né ricorrono le altri ipotesi previste nell’art. 92 c.p.c. per derogare al principio della soccombenza per la liquidazione delle spese, operata in dispositivo in base ai parametri medi indicati dal d.m. 55/2014 per i procedimenti cautelari complessi di valore indeterminato.
PQM
1) rigetta l’eccezione di difetto di legittimazione, sollevata da parte convenuta – INTESA SANPAOLO s.p.a.;
2) in accoglimento del ricorso proposto da ASSOCIAZIONE MOVIMENTO CONSUMATORI, inibisce alla predetta parte convenuta di dare corso a qualsiasi ulteriore forma di anatocismo degli interessi passivi con riferimento ai contratti di conto corrente già in essere o che verranno in futuro stipulati con consumatori, nonché di predisporre, utilizzare e applicare clausole anatocistiche nei predetti contratti;
3) ordina alla parte convenuta di provvedere entro 15 giorni dalla comunicazione del l’ordinanza ad inserire sulla home page del suo sito web avviso riportante il dispositivo dell’ordinanza stessa, nonché a darne comunicazione a ciascun correntista consumatore, allegando copia del dispositivo dell’ordinanza al primo estratto conto trasmesso alla clientela secondo la periodicità e le modalità contrattualmente pattuite;
4) ordina a parte convenuta di curare entro 30 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza la pubblicazione del dispositivo dell’ordinanza stessa sui quotidiani “Il Corriere della Sera”, “la Repubblica” e “Il Sole 24 Ore”, con caratteri doppi rispetto al normale;

5) condanna parte convenuta a rimborsare in favore di parte ricorrente le spese di giudizio, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 286,00 per spese esenti, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA sugli importi imponibili.
Si comunichi.
Milano, 30 giugno 2015
Il giudice dott.
Antonio S. Stefani
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