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Il giudice costituzionale Viganò all'Assemblea Generale ONU

Il giudice costituzionale Francesco Viganò è intervenuto come rappresentante italiano al dibattito tenutosi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per il quindicesimo anniversario dell’adozione della Convenzione ONU contro la Corruzione (UNCAC).
Durante l’intervento il giudice ha illustrato i passi avanti fatti dall’Italia per quanto riguarda l’applicazione della Convenzione ONU in contrasto alla corruzione, evidenziandone gli aspetti preventivi e repressivi e valorizzando i risultati conseguiti dall’Autorità nazionale Anti-Corruzione. Tra gli strumenti menzionati vi sono il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la confisca dei beni frutto di corruzione e il loro successivo riutilizzo per scopi sociali e l’introduzione della confisca in assenza di condanna (come previsto dalla Convenzione).
«A questi risultati si accompagna un robusto impegno multilaterale dell’Italia: insistiamo sull’esigenza di adottare nuovi paradigmi per misurare la corruzione sulla base di indicatori e criteri più affidabili e fondati sull’esperienza pratica», ha voluto ricordare Viganò, riferendosi poi alla proposta di una Risoluzione su corruzione e sport. «Il legame tra corruzione, crimine organizzato e riciclaggio di denaro deve essere analizzato più in profondità per poter elaborare una strategia olistica in grado di combinare gli obiettivi della Convenzione di Palermo [Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale] e della Convenzione ONU contro la Corruzione».
Viganò ha poi concluso il suo intervento sottolineando «in veste di rappresentante dell’Italia e di giudice costituzionale, un aspetto critico per il progresso delle politiche anticorruzione. Una efficace prevenzione e repressione della corruzione, così come ogni politica di confisca dei beni, non possono prescindere dal rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani. Lo sforzo, encomiabile, di contrasto alla corruzione e al degrado degli standard etici non può indurci ad adottare regole e pratiche di dubbia compatibilità con i diritti umani e le garanzie fondamentali del giusto processo».
 
 

Fonte: OnuItalia.com
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