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Corte Costituzionale: suicidio assistito lecito a particolari condizioni

Nella giornata di ieri, la Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile, a determinate condizioni, «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

Per ora, in attesa di un intervento da parte del legislatore, la non punibilità è stata subordinata al rispetto delle modalità indicate dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (legge n. 219/2017, artt. 1 e 2), nonché alla verifica sia delle condizioni richieste sia delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, in seguito al parere espresso da un comitato etico competente.

Tali verifiche devono prevedere ed evitare ogni forma di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili (ordinanza 207/2018).

Per quanto riguarda le condotte già realizzate, sarà compito del giudice valutare l’eventuale sussistenza delle condizioni qui espresse per deciderne o meno la punibilità.

Il “caso Cappato”

«Da oggi in Italia siamo tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo», ha commentato Marco Cappato, l’esponente radicale che accompagnò Fabiano Antoniani (Dj Fabo) in una clinica svizzera per il suicidio assistito. «Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte Costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci».

Ricordiamo, infatti, che la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 580 del Codice penale (Istigazione o aiuto al suicidio) è scaturita grazie alla Corte d’Appello di Milano, chiamata a esprimersi sul “caso Cappato”.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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